Pubblicato da: comeilmare | gennaio 29, 2014

Corea del nord e Corea del sud

Corea del Nord e SudQuando dico che uno di miei desideri di viaggio più importanti e’ quello di visitare la Corea del Nord, tutti mi prendono per pazza. Forse e’ vero considerato il fatto che viaggiare la’ significa non potersi muovere liberamente ne’ parlare con la gente, e che il costo medio di un viaggio si aggira intorno ai 1’000 euro per 5 giorni di permanenza di cui il 100% va al suo criminale governo…
Dall’altra parte pero’ questa terra isolata da tutto e da tutti mi affascina come non mai, quindi venire in Corea del Sud per me vuol dire per forza avvicinarmi al nord il più possibile.
Ed e’ quello che facciamo il giorno 10 gennaio 2014 con un tour organizzato che ci conduce nella DMZ, la fascia di terriotrio larga 4 km istituita tra le due corre negli anni ’50 per cercare di trovare una specie di fascia-cuscinetto di non belligeranza, e poi ancora più avanti nella Jsa (Joint Security Area), l’unico luogo della DMZ in cui gli eserciti delle due Coree si guardano occhi negli occhi…
Siamo una trentina, ognuno da un luogo diverso della terra… Filippine, Ohio, Sydney, Dubai… Il mondo intero raccolto in questo piccolo fazzoletto di terra che catalizza l’attenzione di tutto il mondo.
Il tour si articola in diverse tappe e, a parte la visita alla JSA dove la tensione e’ abbastanza palpabile (e la numerosa presenza della US Army lo dimostra), mi sembra un circo mediatico dal sapore da parco dei divertimenti tipicamente asiatico. Nonostante cio’ l’emozione e’ grande quando ad esempio accediamo al Terzo tunnel, uno dei quattro scoperti in anni recenti, scavati dai militi nord coreani con l’intenzione di attaccare di sorpresa Seoul… Una cremaliera da giostra da Luna Park ci conduce a piu’ di 70 metri sottoterra e da li’ ci incamminiamo lungo il tunnel fino ad arrivare a 150 m dal confine, ci dicono. Cammino nel caldo umido della galleria alta due metri e larga altrettanto immaginando le intenzioni di chi l’ha scavata e la devastazione che avrebbe provocato se una fuoriuscita imprevista d’acqua in sueperficie in seguito all’ennesima deflagrazione necessaria per scavarla non ne avesse rivelato la presenza agli ignari abitanti sud coreani della zona…
E ancora sbarro gli occhi alla grande bandiera nord coreana svolazzante su un pennone alto 160m che si scorge dal Dora Observatory, in cima ad una collina: nelle giornate terse da qui si riesce persino a vedere una delle 25’000 statue del leader nord coreano fatte erigere su tutto il territorio per ricordare al popolo (che oltre a non sapere cosa sia internet ne’ i telefoni cellulari, sta anche soffrendo la fame) chi comanda…
Quando poi arriviamo alla JSA l’emozione e’ grande: ci ritroviamo davanti ai piccoli edifici blu delle Nazioni Unite che sorgono a cavallo della linea di confine. Al di la’ compeggia un austero edificio presidiato da guardie nord coreane… Entriamo in uno degli edifici blu, ci fanno sistemare al di la’ di un lungo tavolo e la guida, che rimane al di qua del tavolo, scherza dicendo che ora noi ci troviamo in Corea del nord mentre lui e’ sano e salvo nel sud. I microfoni allineati al centro del tavolo (che stanno registrando tutto cio’ che stiamo dicendo) segnano il confine e la guardia posizionata esattamente in asse, immobile come un manichino, ci ricorda dove siamo… La guardia e’ a disposizione per le foto (ecco il circo mediatico di cui vi parlavo) ma guardando fuori dalla finestra la linea di confine e’ li’, forte e potente, inesorabilmente presente… In giro ci sono i soldati dei due eserciti e tanti militi americani, tronfi nelle loro divise quanto sono impettiti e rigidi i coreani… Decine di occhi osservano ogni nostro movimento, ci dobbiamo muovere tassativamente in fila per due, non dobbiamo fare gesti ne’ indicare, le foto si possono fare solo nella direzione indicataci…
Ultima tappa la Dorasan Station, il capolinea dei treni sudcoreani. Il moderno edificio e’ grande e deserto come sono deserti i magazzini che vediamo intorno: tutto e’ pronto per l’unificazione, una unificazione che la Corea del Sud si aspetta e spera si realizzi al piu’ presto, una Corea del Sud che non vuole rivendicare la propria superiorita’ sul nord ma che e’ vicina al suo popolo sentendolo proprio e che non vede l’ora che la propria nazione si possa dire UNITA.
“We hope that visitors who come to this place better understand the reality of the korean peninsula and become strong supporters of unified Korea” (Speriamo che chi visita questo luogo capisca meglio la realt’ della penisola coreana e divento sostitore dell’importanza di una Corea unita): questa frase che leggiamo su una targa fuori dal JSA Visitor Centre riassume perfettamente l’esperienza di viaggio al confine tra Corea del Nord e Corea del Sud. Nord vs sud o piuttosto NORD + SUD.

(viaggio di Federica e Ivano)

Pubblicato da: comeilmare | marzo 26, 2013

Bali: il centro del mondo

taman-budaya-bali1Non appena arrivata a Bali ho capito che occorreva andare al di la’ delle apparenze, dovevo calarmi nell’atmosfera della quotidianita’ della gente, allontanarmi dai clamori da cartolina turistica e immergermi in una natura che e’ rimasta sfolgorante, armonizzarmi al gusto del tempo vissuto lentamente e lasciare le emozioni penetrarmi dentro in un crescendo di: colori, suoni, profumi e sapori che avrebbero reso il viaggio a Bali un’esperienza magica da ricordare per sempre.

Bali ha un fascino unico, tutto e’ pervaso da un’intimo senso spirituale, non c’e’ villaggio che non abbia il suo tempio, non c’e’ campo o risaia che non abbia il suo angolo per le offerte, non esiste forma d’ arte: pittura, scultura, musica, danza, che non ne tragga ispirazione, non c’e’ balinese che prima di completare un qualsiasi atto non si rivolga ad una suprema entita’ per chiedere aiuto e protezione.
Bali e’una delle isole piu’  piccole dell’ arcipelago indonesiano, si trova poco sotto l’ equatore ed e’ un’ enclave minoritaria induista nella piu’ grande nazione musulmana del mondo che e’, per l’appunto, l’ Indonesia.
Per le strada di Bali si svolgono le stesse scene di vita di centinaia di anni fa con la celebrazione di innumerevoli cerimonie religiose. Ad ogni curva, crocevia o angolo di villaggio ci sono altari ornati di stoffe variopinte dove vengono posti incensi profumati che si confondono con l’ aroma dei fiori esotici e dei cibi offerti agli Dei e poi ai Demoni per evitare che questi ultimi disturbino la pace del creato e degli esseri umani.
La loro religione Hindu ha inserito molte credenze di origine cinese come il Barong, animale a forma di tigre/leone che e’ una deita’ benefica e che abbiamo ammirato in uno spettacolo di danza folcloristica accompagnato da un’ orchestra balinese composta da xilofoni e gong. Ammirevole la leggiadria dei danzatori e delle danzatrici, i costumi con stoffe ricche e finemente decorati, le maschere scolpite che sembrano vivere e respirare.
I balinesi sorridono sempre e sono squisitamente cortesi nei nostri confronti, hanno il portamento di antiche civilta’ stampato addosso anche se indossano abiti laceri.
A guardia di ogni ingresso di casa, dei templi e degli altari sono poste moltitudini di statue di Dei e Demoni contornati da stoffe a quadri bianchi e neri o rossi e bianchi. La composizione a scacchi rappresenta gli opposti: il giorno e la notte, il maschio e la femmina, l’ eterna lotta tra il bene e il male, sintetizzati nei due colori contrastanti.
Un’energia misteriosa palpita nelle statue “guardiano,  pronta ad agire per proteggere il luogo e chi lo abita; questa energia a Bali e’ scolpita o disegnata ovunque nella forma della Swastica o croce uncinata che, come ben sappiamo, e’ stata poi usata in maniera erronea e capovolta per altri fini durante il nazismo.
L’ attivita’  spirituale dei balinesi e’ intensissima, ragion per cui, durante il nostro percorso abbiamo avuto modo di assistere a diversi rituali. Per accedere ad una casa, tempio o altro luogo sacro abbiamo indossato il sarong. Ne abbiamo acquistati di molto belli in un negoziettto  che ci ha servito anche del caffe’ al ginseng.
Sono rimasta colpita dal gusto estetico e dalle capacita’ artistiche creative e manuali in tutte le forme di arte che hanno i balinesi. Abbiamo visto statue di ebano, teak, mogano di tutte le dimensioni in vendita nelle adiacenze dei templi, reclamizzate da venditori con un coloratissimo schiamazzo di voci e braccia gesticolanti. Lungo le strade abbiamo visto migliaia di enormi statue in pietra lavica raffiguranti il Buddha e divinita’ Hindu, poi ancora: stoffe tradizionali Endek e Batik ricche di disegni che traggono origine nella notte dei tempi, complicati e colorati con un antico processo di fusione di tinte naturali e cera d’ api e poi: vasi di terracotta, mobili, cassapanche, sedie in legno o rattan.
Per il nostro soggiorno  abbiamo scelto come base Ubud, il centro spirituale e artistico di Bali, rivelatosi la sistemazione perfetta per andare alla scoperta dell’  isola. Si trova infatti a meta’ strada tra le piu’ famose spiagge del Sud e i vulcani del Nord/Est: Agung e Batur che sono entrambi attivi.
Appena abbiamo varcato la soglia dell’Hotel Komaneka Rasa Sayang ci siamo trovati immersi in una fusione di stile balinese e confort.
La camera e ‘ spaziosa con  il letto king size decorato con petali di rosa a formare un grande cuore e asciugamani bianchi modellati a forma di cigni. Il bagno e’  grande quanto la camera da letto con la vasca riempita di acqua profumata e di petali galleggianti.  Un grande cesto di frutta tropicale invitante fa bella mostra di se’ sul tavolo.  Il personale ci chiama per nome,  tutti sono pieni di attenzione nei nostri riguardi e mostrano un sincero piacere nello svolgere i loro compiti anche quelli piu’ umili.
L’hotel e’ immerso nella Monkey Forest ed e’ davverso un’ oasi di pace, l’ unico rimpianto  e’ non aver avuto tempo per fare un tuffo nella piscina a sbalzo sulla foresta sottostante molto suggestiva.
Durante il nostro esplorare il contributo preciso e attento di Kade, la nostra guida, ci ha fatto apprezzare le tradizioni, gli usi e i costumi di questo paese e dei suoi abitanti. Abbiamo cosi’ saputo che la religione e’ al centro della vita quotidiana ecco perche’ abbiamo visto balinesi di qualsiasi eta’ fare offerte e raccogliersi in preghiera in ogni momento della giornata e nei luoghi piu’ disparati.
Dunque…dicevo….dopo la danza del Barong che rappresenta l’ eterna lotta tra il bene e il male ( il Barong e’ il bene il Rangda mostro mitologico e’ il male), siamo stati a visitare  prima il Tempio Pura Desa a Batuan che e’  dedicato al Dio Brahma.  Il Dio Brahma e’ il creatore e padre di tutti gli esseri, e’  la prima persona della Divinita’ Trimurti che e’ composta da: Brahma, Vishnu e Shiva ed e’ raffigurato con 4 teste, 4 facce, 4 braccia e 4 gambe. Poi il Tempio della Purificazione di Tirta Empul  che e’ immerso in una rigogliosa vegetazione, qui si trova una piscina rettangolare molto grande, alimentata da una sorgente sacra attraverso 12 fontane, dove i devoti si immergono per le abluzioni purificatrici.
La natura e’ vivace a Bali e i vulcani ne sono la prova. In un’ atmosfera surreale dovuta all’ umidita’ causata da una fastidiosa pioggerellina pomeridiana arriviamo a quota 1200 m. per vedere il vulcano Batur, ma sfortunatamente, dalla terrazza sospesa sul paesaggio sottostante, si e’ negato alla nostra vista ed e’ rimasto avvolto e protetto da una fitta nebbia.

bali_tanah-lot1

Natura a perdita d’occhio sono le risaie di cui il territorio e’  ricoperto, in particolare quelle di Tegalalang inserite tra i luoghi patrimonio dell’Unesco.
Sono terrazzamenti ondulati che sfruttano i terreni in collina per la coltivazione del riso e sono cosi’ perfettamente modellate da sembrare opera di uno scultore.
Abbiamo visto donne minute, quasi tutte anziane dai volti segnati dalle rughe e dal sole, lavorare piegate nelle risaie e trasportare sulla testa indecifrabili quantita’ di riso o altro.
Ci siamo poi resi conto che quel sistema e’ uno dei mezzi di trasporto piu’  diffuso a Bali.
Personalmente mi sono emozionata quando ho incrociato i miei occhi con quelli di una delle donne che stavano mondando il riso facendolo cadere dall’ alto al basso in modo che il vento si portasse via l’ involucro secco e leggero dei chicchi maturi. Ho visto scorrere, in quei pochi secondi di contatto visivo, una vita provata da grandi fatiche e sacrifici, ma allo stesso tempo serena e fiduciosa in  una rinascita migliore.
La sera, al rientro, come sempre mi capita in simili occasioni, avevo solo voglia di silenzio e di un po’ di tempo da sola per riassaporare mentalmente ogni attimo della giornata.
Abbiamo cenato al Lotus Cafe’ un tipico locale balinese, al lume di candela, molto romantico.
La colazione e’ sempre stata abbondante e consumata con tutta calma, non ci siamo fatti mancare proprio nulla, dalla frutta fresca ai pancakes, dai cereali ai pasticcini freschi, dai succhi al caffe’.
Il Palazzo di Giustizia di Kerta Gasa e’ circondato da un fossato, il soffitto del padiglione galleggiante e’ dipinto con tantissime allegorie che rappresentano le varie punizioni comminate a seconda del reato. Mi viene da dire che all’epoca non difettavano certo di fantasia e il loro immaginario riguardo all’ inferno non si discosta da quello descritto da Dante nella Divina Commedia.
Anche qui abbondano sculture raffiguranti Dei e Demoni in varie fogge e posizioni. Un bellissimo portale spicca su tutto.
Un’ altro aspetto inquietante di Bali, oltre al traffico caotico, e’  la presenza di centinaia di cani randagi, sopratutto ai bordi delle strade piu’ trafficate. Molte volte ho chiuso gli occhi perche’ ho avuto la sensazione che Kade ne stesse per investire uno.
Prima di dirigerci alla meta successiva ci siamo concessi una sosta per mangiare il durian in uno dei tantissimi warung. I warung sono bancarelle o baracchini che vendono cibo da strada. Devo dire che, a differenza di quello che avevo assaggiato a Singapore, il durian di Bali mi e’  proprio piaciuto e anche ai miei compagni di viaggio: Rino, Giovanni e Susy.
Abbiamo abbandonato la strada asfaltata e attraverso la foresta, su un sentiero sterrato, dopo quasi un ora di balzi che l’ auto di Kade ha miracolosamente sopportato e noi pure, siamo giunti in quello che io ho in mente come paradiso terrestre: Virgine Beach.
Solo i locali possono conoscere questo luogo, ragion per cui, almeno per ora, non e’ stata ancora presa d’ assalto dalle orde di turisti. Ci sono una decina di capanni dove vive la gente del villaggio. Dopo un bagno rinfrescante nelle acque verdi cristalline, pranziamo con pesce fresco, cucinato sul posto da una famiglia di pescatori, proprio sulla spiaggia di fronte al mare. Cosa desiderare di piu’? Invidio sempre di piu’ la vita semplice dei balinesi che lavorano per vivere e non il contrario.
Abbiamo capito che Bali e’ piena di templi e che e’ assolutamente impossibile dire quanti sono o, men che meno, visitarli tutti. Ci sono i templi delle famiglie, i templi del villaggio, il tempio del distretto e poi i templi che hanno una particolare importanza per essere di proprieta’ di una sola comunita’ e quindi appartengono a tutti i balinesi.
Uno di questi e’  il Pura Goa Lawah che si trova sulla costa sud orientale e il cui nome significa Grotta del Pipistrello. Ed e’ proprio in questo che consiste:  una grotta che si apre su un fianco della montagna, popolata da un numero impressionante di pipistrelli;  tutt’ attorno vi e’ una serie di altari dove vengono depositate le offerte e, proprio davanti, uno spiazzo dove i fedeli si fermano a pregare.
Ovunque si respira un’ aria di sacralita’,  dicono  che il turismo abbia rovinato l’ isola, per certi versi e’ vero, ma se ci si allontana dalle solite rotte si puo’ scoprire che non e’ cosi’ e ritrovare ancora lo spirito antico che aleggia sospeso tra le nuvole in attesa di farsi scoprire da chi  li’ ci va per trovarlo.
Incomincia a piovere mentre ci troviamo a Tirta Gangga,  l’ antico Palazzo sull’ acqua decorato con statue e fontane con giochi d’ acqua, decidiamo di prenderci un tea che ci viene servito aromatizzato con radici di zenzero.
Un  incontro singolare, lungo la strada,  e’ stato quello con un funerale che, a Bali, e’ considerato da parenti e amici come una grande festa, perche’ l’ anima passa dal mondo terreno a quello degli spiriti. Per queste occasioni vengono allestiti addobbi multicolori, banchetti e ornamenti floreali, io ho pensato piu’ a un matrimonio che a un funerale se non fosse stato per i famigliari che, accovacciati in semicerchio, reggevano una foto del defunto.
Il Tempio Reale di Taman Ayun e’  interamente circondato da un fossato pieno di fiori di loto che racchiude un cortile, una grande distesa erbosa e un secondo cortile interno piu’ piccolo dove sono presenti le caratteristiche torri Meru. Uno dei fedeli raccolti in preghiera cade in trance proprio davanti a noi, non capiamo bene cosa stia succedendo, ma rimaniamo impressionati.
Dopo la visita al tempio lasciamo il paesaggio collinare punteggiato da innumerevoli risaie e iniziamo a salire verso il lago Beratan immerso in un ambiente tipicamente montano. Il paesaggio balinese non smette di stupire, l’ aria si fa frizzante, siamo a quasi 1200 metri
d’ altezza. Sul lago sorge il Tempio Pura Ulu Danan, induista e buddista, e’ circondato da bei giardini con un cortile che si prolunga su una piccola isoletta, e’  consacrato alla dea delle acque: Dewi Danu, qui si trova anche l’ unica stupa buddista dell’ isola.
La nostra ultima meta e’ il Tempio di Tanah Lot edificato sul promontorio di una piccola isola raggiungibile a piedi durante la bassa marea. Il momento migliore per vederlo sarebbe all’ alba quando i raggi del sole che fanno capolino dalla linea dell’ orizzonte creano fantastici giochi di luce, ma non e’ il nostro caso. E’ uno dei templi piu’ venerati dai balinesi ma anche uno dei piu’ turistici per la posizione mozzafiato.
Nei giorni trascorsi a Bali abbiamo visitato: templi, complessi religiosi, palazzi, ma, come raccontare di tutte le emozioni raccolte lungo la strada, della vita che ci scorreva accanto, dei bambini sorridenti , del colore dei mercati locali, di quando ci siamo trovati in mezzo alle risaie immersi in un silenzio assordante, di quando le vie  erano poco piu’ larghe dell’auto su cui eravamo, di quando siamo passati sopra il riso steso ad asciugare proprio in mezzo alla strada come se fosse la cosa piu’ naturale del mondo, perche’ Bali e’  uno di quei luoghi magici dove ogni piccola emozione puo’ divenire un incontro e rimanere dentro per sempre.
Bali, dove l’ombelico del mondo e’ il cratere di un vulcano, Bali dove chi immagina di poter trovare il Paradiso terrestre lo ha trovato, Bali dove il verde delle risaie risplende di notte sotto il chiarore lunare, Bali dove i tramonti incatenano lo sguardo e infuocano dolcemente il cielo, Bali dove la musica entra nell’anima e fa tintinnare il vento, Bali dove la spiritualita’si respira con il profumo intenso dei fiori e l’ evanescenza dell’ incenso, Bali e’ li’ che mi aspetta, al centro del mondo…. e io ci voglio tornare.

[ Diario di viaggio di Lella & Rino ]

Pubblicato da: comeilmare | marzo 21, 2013

Delfi – L’oracolo di Apollo e la Tholos di Athena

Pubblicato da: comeilmare | marzo 12, 2013

L’oriente “esoterico”

Un interessante viaggio alla scoperta della Singapore Esoterica, con Monica Casalini.

Pubblicato da: comeilmare | marzo 6, 2013

Una piccola guida pratica per Singapore

singaporeEcco cosa vi consigliamo di vedere, sia a livello di Arte, Cibo, Shopping, ecc.

CHINA TOWN:

– Tutte le vie principali, le più caratteristiche, quelle che mantengono ancora l’aspetto della vecchia Singapore, nonostante i tanti grattacieli che sono cresciuti attorno a questa zona.

– Tempio buddista: Buddha Relic Tooth ( è impossibile non vederlo! Un tempio molto grande, di colore bordò, molto bello…)

– Tempio indu: Sri Mariamman Temple

– In China Town vi consigliamo di pranzare o cenare in uno dei ristoranti che sembrano più spartani ma che in realtà vi permettono di mangiare molto bene.
In particolare un ristorante in una di queste vie principali di China Town, con tavolini all’aperto… Non ricordo il nome ma ricordo che fa ad angolo tra due vie ed è sempre pieno!

LITTLE INDIA:

– Via principale (di cui non ricordo il nome) caratteristica per le sue bancarelle e i negozietti indiani.
Non centra molto con il resto di Singapore, data l’igiene generale che si può notare, ma è ugualmente particolare e ricca di angoli da visitare.

– Moustafa Shopping Center: gigante centro commerciale dove vendono di tutto! A prezzi low cost!

– Templi indu: Sri Veerakaliamman Temple e Srinvasa Pernman Temple. Sono entrambi sulla via principale.

– Se vi piace la cucina indiana questo è il posto perfetto! Potete mangiare ovunque senza problemi. Chiaramente c’è il posto più bello e quello più “locale”… Io sono per la cucina spartana, quindi di solito mangio dove mangiano i locali 😉 Tenete conto che la cucina indiana è piccante!

ARAB STREET:

– Il quartiere “muslim” (musulmano) della città. La via principale, proprio Arab Street, è quella più particolare.
All’inizio della via svetta la moschea. Impossibile non riconoscerla.
Ve la consiglio, per una visita, nelle ore meno calde della giornata: dalle 18.00 in poi è perfetto.
Meglio ancora se la giornata è non di pioggia. Altrimenti non rende come zona.

– Cenare qui, magari fumando anche il narghilè a fine cena… è la morte sua! ^_^
Ottimo cibo. Vi consigliamo di cenare all’aperto sui tavolini di qualche ristorante sulla via.
E’ per questo che dovete scegliere una serata favorevole a livello climatico.

GARDENS BY THE BAY:

– Parco botanico di nuova realizzazione. Si trova sulla East Cost vicino al Marina Bay Sands (l’hotel futuristico con una specie di nave sopra).
Questo parco è bellissimo! Vi consigliamo, su tutto, di visitare i due giardini…quello con tutte le specie di piante e quello con la cascata.
Poi se non avete le vertigini, è suggestiva anche la passeggiata sugli Sky walk… su quelle costruzioni che praticamente sembra di stare nel film AVATAR 😀

 

 

MARINA BAY SANDS:

– Se amate l’architettura futuristica, o per lo meno vi incuriosisce il fatto di poterla vedere dal vivo, ecco il luogo ideale.
Un hotel dalla struttura pazzesca! Con una specie di nave sopra e una piscina a picco nel nulla…
Acquistare i biglietti per salire sulla terrazza all’ultimo piano è fattibilissimo. Non ci vuole una prenotazione, basta andare li, prendere il biglietto e salire.
Dall’alto potete fare milioni di foto panoramiche su tutta la skyline di Singapore!

– Al suo interno shopping di ogni tipo, soprattutto quello “costoso” dato che si trovano marchi di alta moda…tantissimi italiani.

– Se volete andare al Casinò… sotto il Marina Bay Sands ne trovate uno. L’importante è vestirsi eleganti e avere qualche soldino da buttare nel gioco! J

ORCHARD ROAD:

– Se chiedete ad un cittadino di Singapore qual’è la via dello shopping, lui vi risponderà senza esitare: Orchard Road.
Trovate tanto abbigliamento a prezzi interessanti. Tanti centri commerciali all’avanguardia e in ognuno di essi, come sempre in ogni luogo…anche una Food Court, dove mangiare cibi di ogni cucina e tradizione.

CLARKE QUAI e BOAT QUAI:

– Clarke Quai è la zona dei pub, delle discoteche… del divertimento notturno targato occidente.
Infatti trovate locali di ogni tipo e generalmente anche molti occidentali che si ritrovano in questo posto per divertirsi, fare casino…
Se volete passare una notte e fare tanto tardi… questo è il posto giusto.
Poi di taxi ne trovate una marea!

– Boat Quai invece è dalla parte opposta, sempre lungo il fiume. E’ piena di ristoranti tipici e potete cenare a lume di candela a bordo fiume… Ideale per una serata romantica 😉
E magari prendere anche il battello e farsi un giro proprio sul fiume di notte.

WATERLOO STREET:

– Altra via caratteristica di Singapore. Trovate un tempio buddista accanto ad uno indu. Gli uni si scambiano gli incensi con gli altri. Un misto di culto e di religioni che convivono assieme in armonia….
Trovate anche molti shop di carattere religioso, molti con al loro esterno statue di budda che ride.

BUGGIS:

– Vicino a Waterloo Street, potete imbattervi in Buggis! Una sorta di mercato coperto pieno e strapieno di qualsiasi cosa a basso costo. Qui regna il made in china!
Occhio solo ai portafogli…si dice che sia uno dei luoghi in cui è meglio stare attenti alla borsa, nonostante Singapore sia un luogo sicuro dal punto di vista della criminalità. Basta solo stare un po’ attenti, del resto in Italia ogni luogo è così J

– Buggis Junction è un altro posto accanto a questo mercato all’aperto, dove si trova anche la fermata della metro. Dentro Buggis Junction c’è un grande shopping center, con bancarelle al coperto e una food court dove si mangia molto bene!

SENTOSA:

– Sentosa è l’isola davanti a Singapore. Una sorta di parco divertimenti con hotel, spiagge e luoghi in cui divertirsi e stare a contatto con la natura.
Il mare di Singapore non è il massimo, dato che ha il secondo porto più grande del mondo, ma sulle spiagge ci si può rilassare ugualmente anche senza fare il bagno.
In Sentosa consigliamo di vedere il “Butterfly garden” e l’acquario.

UNIVERSAL STUDIOS:

– Di recente costruzione, hanno preso piede anche gli Universal Studios per fare business e attirare turismo in Singapore.
Se volete divertirvi e tornare bambini beh… questo è il posto ideale! 😉

EAST COST:

– Ideale per passeggiate di sera e per cenare sul mare!

– Per la cena consigliamo i caratteristici Hawker Center. Una sorta di food court all’aperto, dove ti scegli il cibo, dai il numero del tavolo dove ti sei seduto e loro te lo portano direttamente li.
SI mangia ottimo pesce fresco e ali di pollo divine!

– Oppure se optate per un ristorante: JUMBO. E andare sul sicuro.
Vi consigliamo i granchi cucinati in tutte le salse…

VIVO CITY:

– Centro commerciale mega galattico! Forse uno dei più grandi di Singapore. Qui trovate tutto: abbigliamento, tecnologia, ecc.

MOUNT FABER:

– L’unica “zona alta” di Singapore. Una sorta di piccolo monte dove potete fare passeggiate tra la natura.

– Per una cena speciale e romantica: andate dove si prende la cabinovia. Prenotate una cena a lume di candela direttamente nella cable cab!
Se non avete le vertigini e volete provare qualcosa di unico, è la cena perfetta!
Cenerete sospesi nell’aria con un panorama mozzafiato.

SIM LIM SQUARE:

– Centro commerciale tutto TECNOLOGICO. Trovate tutto, ma veramente tutto, ciò che ha a che fare con la tecnologia: digitali, telefoni, tv, ecc.
Solo un consiglio: occhio alle fregature! Scegliete negozi di qualità 😉

BOTANIC GARDEN:

– Parco botanico storico di Singapore. Altro luogo nel quale stare a contatto con la natura!

GIARDINI CINESI E GIAPPONESI:

– Giardini caratteristici cinesi e giapponesi. Luogo ampio e molto particolare con costruzioni tipiche e tanto verde.

BIRD PARK:

– Parco con una marea di specie di uccelli. Anche questo posto è molto particolare.

 
Per maggiori info su Singapore vi consiglio questo sito:
http://www.yoursingapore.com

Ecco anche qualche video che abbiamo fatto anni fa:

http://youtu.be/iTzwqP9HXCU

http://youtu.be/4zuKgTSZpsc

http://youtu.be/fgpXb6TUwWI

http://youtu.be/yxq5Y_l3uHs

Pubblicato da: comeilmare | gennaio 25, 2013

Continua a crescere il turismo olandese

Amsterdam: Houses along the Amstel RiverIn Europa è ormai tempo di bilanci per il settore del turismo ed in generale si è registrata una certa crescita nel numero di viaggiatori, merito soprattutto delle innumerevoli offerte ormai a disposizione, delle tonnellate di commenti e consigli presenti sui social network.
Una delle crescite nel settore turistico più importanti si è registrata in Olanda, dove solo nella capitale sono transitati ben 51 milioni di passeggeri.
I voli con destinazione Amsterdam hanno infatti visto un aumento del 2.6% rispetto al 2011. Jos Nijhuis, presidente del gruppo Schiphol (responsabile tra gli altri anche dell’aeroporto di Amsterdam), ammette che un risultato simile è superiore a qualsiasi aspettativa, certamente positivo sia per i passeggeri che per le merci transitate nell’aeroporto.

I perchè di questo incremento sono tanti e tra questi ci sono l’ormai altissimo numero di collegamenti aerei della KLM, di Easyjet, Alitalia e Tuifly che consentono di raggiungere da tutta Europa e non solo, la capitale olandese. Un peso importante in questoo successo l’hanno avuto soprattutto l’aumento da 313 a 317 delle destinazioni tra cui scegliere, cosa che rende l’intero sistema molto più efficiente, anche grazie all’ottimo lavoro appunto della linea aerea locale KLM.

Altro passo importante è stato senza dubbio l’impegnativo passaggio a una rete di sicurezza centralizzata, capace di garantire un maggior comfort ai passeggeri ed un’attività più serena ai lavoratori ed alle compagnie aeree. L’operazione avrà importanti ripercussioni anche nel futuro in previsione di ulteriori sviluppi dell’aeroporto, in accordo con gli investitori. La cosa più importante sarà riuscire a mantenere nel tempo tali ottimi risultati, cosa che richiederà molto impegno e lavoro.

Il tutto si riassume insomma in un miglioramento dell’efficenza della struttura, cosa che sicuramente incoraggia il turista e qui viene in mente un confronto con gli aereoporti italiani, spesso inefficienti, con infrastrutture vecchie e sporche, a cui si aggiungono file spesso interminabili per i controlli di sicurezza.

Pubblicato da: comeilmare | gennaio 24, 2013

Beijing déjàvu

beijing_cinaOggi vi voglio raccontare una storia che inizia tanto tempo fa in una terra lontana lontana… per la precisione in Cina, a Beijing, su un prato del Beihai Park nel torrido agosto di 7 anni e mezzo fa quando tre stanchissimi turisti italici sfiniti dal jet lag si sdraiavano su quel prato per cercare un po’ di riposo… Nel gelido inverno di 7 anni dopo una di loro ci è tornata su quel prato: al posto dell’erbetta verde c’è una distesa brulla, le fronde dei salici un tempo rigogliose ora si protendono in avanti spoglie e sospinte dal vento gelido, l’acqua del vicino lago un tempo verdeggiante di ninfee ora è ricoperta da uno spesso strato di ghiaccio popolato di pattinatori… e nonostante ciò il ricordo rinasce vivido e presente nella mente dell’osservatrice che ride da sola come una scema guardando l’angolo forse meno rappresentativo del parco e filmandolo, fotografandolo e poi fissandolo con un’espressione da ebete sul viso… Quella pazza naturalmente sono io pochi giorni fa quando vagai in lungo e in largo per il parco in questione pascendomi nella sua quiete… giovani e anziani che passeggiano, cantano, fanno ginnastica, ballano all’ombra del grande stupa bianco in cima all’isola di giada…

Cammino tra vialetti, pagode e laghetti ghiacciati finché la temperatura non precipita improvvisamente come accade sempre qui d’inverno quando il sole cala. Prendiamo un taxi che ci accompagna a Liulichang, la via degli antiquari che si infila nell’hutong dove si trovava l’ostello che 7 anni fa ci accolse a Beijing: il viaggio indietro nel tempo continua. Ritrovo il minuscolo negozietto dove comprai i timbri, l’angolo dove scattai una delle foto più belle ad un signore che leggeva il giornale, il caos del vicolo pieno di venditori di cibo dove si è costretti a schivare continuamente carretti carichi di merce e biciclette, la banca dove per la prima volta cambiammo i soldi canticchiando sui gradini aspettando che aprisse, la ‘nostra’ fermata della metro di Hepingmen… Attraversiamo l’hutong fino ad un’altra fermata della metro che mi suona familiare, Qianmen, vicina alla strada dello shopping selvaggio di 7 anni fa che però ora non esiste più… Proseguiamo il viaggio nel tempo con una cena a base di anatra alla pechinese nello stesso mega locale dell’altra volta, e poi con l’irrinunciabile giro notturno in piazza Tianamen, stesso identico programma dell’ultima nostra serata cinese di 7 anni fa. Oggi però, nonostante siano solo le 8, la piazza è già chiusa e deserta, niente aquiloni che svolazzano nell’aria pregna di magnetismo della piazza più grande del mondo e una delle più famigerate… L’immensa distesa lastricata tra il Mausoleo di Mao e il suo faccione appeso alla Porta della Pace Celeste (questo il significato di Tiananmen) è deserta, coppie di guardie camminano impettite avanti e indietro lungo il perimetro, l’obelisco del Monumento degli eroi del popolo svetta luminosissimo al centro della piazza mentre altre guardie marciano ai suoi piedi, tutto è avvolto da una spessa nebbia che vela e insieme intensifica le luci dando un che di davvero mistico all’atmosfera della piazza.

E così, con gli immancabili scatti davanti al ritratto di Mao, si conclude questa nostra giornata di Beijing déjàvu che mi ha fatto rivivere in poche ore il primo e l’ultimo giorno del fantastico viaggio che mi portò qui nel 2005, la mia prima volta in Cina, amore a prima vista… e vissero tutti felici e contenti ^_^

 

北京市, 2013 年 1 月 10 日

[ Diario di viaggio di Federica L. ]

Pubblicato da: comeilmare | gennaio 14, 2013

La città di ghiaccio

Città di ghiaccio in CinaLa nostra avventura di ghiaccio inizia alle 6 del mattino del 7 gennaio 2013. Con la metropolitana attraversiamo Beijing da nord a sud per raggiungere  il piccolo aeroporto di Nanyuan dal quale parte il nostro volo per Harbin, la capitale dello stato del Heilòngjiang, il più settentrionale della Cina, a nord persino della Corea del Nord.  Se a Beijing in queste fredde giornate di gennaio siamo 10 gradi sottozero o forse più, lassù ci aspettano minime che arrivano fino a – 37°C

Il volo parte in perfetto orario dopo controlli molto severi all’aeroporto: tutti veniamo perquisiti e io in modo particolare attiro l’attenzione della guardie con le mie finte hugg che chissà cosa pensano stiano nascondendo e la borsa piena di cavi e trasformatori per l’attrezzatura e i tre telefonini che abbiamo in dotazione per rimanere in contatto con l’amica che di Beijing che ci supporta anche a distanza (meno male!).

Dall’aereo il paesaggio si fa montuoso e poi, dopo circa mezzora, ecco aprirsi davanti a noi la piatta distesa del deserto di neve e ghiaccio che si estende a nord-est di Beijing. Il vento spazza la landa desolata e pulisce il cielo dalle nubi che invece spesso incombono su Beijing, la visuale è tanto tersa e limpida che sembra di poter toccare il suolo allungando semplicemente la mano.

Dopo due ore di volo atterriamo ad Harbin e scendiamo dall’aereo entrando direttamente in aeroporto: uno strato di ghiaccio spesso due centimetri ricopre il perimetro delle vetrate del terminal, ci guardiamo negli occhi e stringendo i denti usciamo all’aria aperta che subito mi investe il viso con una miriade di spilli gelati.

Con un taxi attraversiamo la periferia della città: nel grigio orizzonte nebbioso spuntano una miriade di palazzi in costruzione, chilometri e chilometri di cantieri di quartieri residenziali che ospiteranno milioni di persone forse richiamate qui dal Partito per lavorare in nuove manifatture o aziende trasferite in questa gelida città del nord in piena espansione economica. Dopo un’ora di grandi viali pressocché deserti spazzati dal vento ghiacciato raggiungiamo il traffico del centro cittadino e infine l’hotel prenotato via internet, sporco e fumoso, il ‘microclima’ della camera raggiunge a stento i 15 gradi. Usciamo subito per cercare di orientarci in questa grande città che, al contrario di Beijing, si sviluppa in verticale ed è tanto piena di palazzi barocchi e “pseudo-rinascimentali” da avere un aspetto europeo più che cinese: ecco perché la chiamano la Mosca d’oriente.

Raggiungiamo Zhongyang Dajie, la via pedonale più famosa della città dove vediamo le prime sculture di ghiaccio e persino uno PSY gigante fatto di neve con tanto di occhiali da sole e posizione di ballo alla Gangnam Style! Davanti c’è una fila di ragazzi e ragazze in attesa di farsi la foto in posizione ‘Gangnam style’ mentre un barettino lì vicino manda la canzone in loop a tutto volume. Un grande termometro piazzato in mezzo alla via dice che ci sono – 25°C, il suolo è completamente ghiacciato, l’asfalto delle strade poi è tanto scivoloso che dobbiamo camminare strisciando i piedi per non cadere. Resistiamo un paio d’ore poi decidiamo di tornare in hotel per riposare un po’ prima della visita all’Ice Festival che faremo quando il sole calerà e con esso le temperature, perchè la città dei ghiacci va vista al buio quando il ghiaccio di castelli e sculture si accende di luci colorate…

E così intorno alle 16:30 cominciamo la vestizione per l’avventura ghiacciata: indosso in ordine tuta termica, calzamaglia di seta, pantalone di velluto e altro paio di pantaloni antivento; sopra invece ho maglia termica con tenuta – 30°C, maglioncino di cachemire, pile, altra maglia termica a collo alto, sottogiacca antivento, maglione di lana lungo fino alle ginocchia e giaccone. Faccio fatica a muovermi da tanto peso ho addosso…

Così bardati e contenti approdiamo alla città dei ghiacci, un vero e proprio parco dei divertimenti di ghiaccio con castelli, pagode, un tempio buddista, una moschea, una cupola con colonnato che sembra una piccola San Pietro e un miriade di sculture, tutto fatto ghiaccio illuminato dall’interno da led colorati. La cornice è davvero meravigliosa e fantastica, e molto molto kitsch, divertente e briosa. Il freddo è letteralmente agghiacciante e durante le tre ore che passeremo tra ghiacci e colori scenderà fino a –31°C… Devo dire che siamo abbastanza coperti da resistere bene, e sia nelle scarpe che nei guanti abbiamo gli scaldini comprati dall’amica a Beijing (sono dei cuscinetti ‘riscaldanti’ da appiccicare ai vestiti che generano calore fino a 8 ore) quindi mi stupisco di quanto riesca a NON sentire quasi il freddo. Il viso invece, esposto com’è all’aria, risente dei – 30 gradi come non mi sarei mai aspettata: negli occhi le lacrime che mi si formano spesso per le lenti a contatto si ghiacciano all’istante e mi si appiccicano agli angolo degli occhi (in certi momenti faccio quasi fatica ad aprirli), la stessa cosa per la candela al naso che si ghiaccia ancora prima di uscire dalle narici… per non parlare poi della condensa del nostro fiato che si ghiaccia sul collo di pile che teniamo davanti alla bocca per proteggerci dal gelo, sulle ciglia e sul bordo del colbacco comprato a Beijing per l’occasione. Le mani sono calde solo dentro i guanti scaldati dagli scaldini, appena estraggo le dita che mi servono per manovrare videocamera e macchina fotografica il dolore del sangue che si ghiaccia è tale che spesso rinuncio a scattare e filmare battendo invece insieme le mani per far riprendere la circolazione… e meno male che il resto del corpo è più o meno caldo…

Dopo tre ore non ce la faccio davvero più e con me soffre anche l’attrezzatura: lo schermo della videocamera non riesce più a mettere a fuoco e la macchina fotografica è completamente ricoperta dalla condensa ghiacciata del mio respiro (non riesco quasi più a muovere lo zoom tanto i meccanismi sono ghiacciati).

Ce ne andiamo, saliamo in taxi e io mi metto il dito indice della mano destra in bocca per farlo scongelare: ci metterò una buona decina di minuti prima di sentire scorrere di nuovo un po’ di calore…

Dormiamo con la tuta termica e ci svegliamo presto, direzione Snow Park sulla Sun Island, a qualche chilometro dal centro città, al di là del grande fiume di ghiaccio che attraversa Harbin. Qui sorge il parco della sculture di neve che ci appaiono in tutta la loro bellezza sotto un cielo blu cobalto: riproduzioni 3D di quadri di Botticelli e Leonardo, il mega faccione di Beethoven, il castello della Disney con tanto di carrozza di cenerentola e principesse, i moai dell’isola di Pasqua, un donna ainu (etnia del nord della Cina) con le braccia aperte alta 10 metri, le opere della gara annuale di sculture di neve sparse qua e là tra boschetti di conifere e piccole caffetterie scavate nella neve. La fattura di queste opere è tale da sfidare le leggi della fisica, le figure tanto slanciate ed eleganti da sfidare la forza di gravità, il freddo tanto pungente da rendere tutto ciò reale e possibile…

Io però comincio a non poterne più di questo gelo, è due giorni che non fumo una sigaretta perché non riesco a tenere due dita al freddo e al gelo anche solo per 5 minuti, quindi torniamo in città, ci riempiamo di ravioloni cinesi in uno dei ristoranti di ‘jaozi’ più conosciuti della città e io mi chiudo in hotel mentre Ivo si prepara per la seconda sessione fotografica all’Ice Festival.

Scrivo, guardo la tv cinese, provo a collegarmi a hotmail (facebook è bloccato altrimenti avrei postato milioni di foto) con il computer ‘incorporato’ nella tv (l’unica cosa positiva di questo albergo sporco e freddo) con tanto di tastiera e mouse wireless che maneggio comodamente sdraiata a letto…

Verso le 21 Ivo arriva felice e contento, usciamo per mangiare zuppa russa e bere birra russa a temperatura ambiente (qui non usano servire la birra fredda) i cui 9 gradi di gradazione alcolica ci riscaldano quel tanto che basta per fare ancora qualche foto notturna lungo Zhongyang Dajie dove Gangnam Style risuona ancora allegramente, e noi e i pochi temerari che ancora si aggirano per la città alle 11 di sera (e a – 30°C e oltre) ne accenniamo qualche passo in strada per scaldarci… Porto gli occhiali stasera, la condensa del respiro si gela istantaneamente sulle lenti…

Il terzo e ultimo giorno di ghiaccio lo trascorriamo dormendo fino all’orario del check-out e poi passeggiando per la città. Raggiungiamo la chiesa di Santa Sofia, la più grande cattedrale ortodossa della Cina (naturalmente sconsacrata) e poi il fiume visto ieri dall’altra sponda. Il ghiaccio che lo ricopre è tanto spesso da reggere il peso di uno spesso strato di neve, di decine di persone che pattinano, calessi trainati da cavalli carichi di turisti che fanno avanti e indietro, macchine e barche ‘dormienti’ in attesa del disgelo. Il vento si fa sentire, il volo di ritorno a Beijing ci aspetta…

Atterriamo con un’ora di ritardo e appena usciamo all’aperto, i –10 gradi di Beijing ci sembrano 20… Apriamo le giacche, togliamo gli scaldini dalle scarpe e riabbracciamo volentieri questa primavera pechinese sottozero…

[ Diario di viaggio di Federica L. ]

Pubblicato da: comeilmare | gennaio 2, 2013

2012: in breve…

I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un rapporto annuale 2012 per questo blog.

Ecco un estratto:

4,329 films were submitted to the 2012 Cannes Film Festival. This blog had 16.000 views in 2012. If each view were a film, this blog would power 4 Film Festivals

Clicca qui per vedere il rapporto completo.

Pubblicato da: comeilmare | dicembre 7, 2012

Cambogia – Angkor Wat

Breve descrizione del sito religioso/archeologico.
Per quanto riguarda la pronuncia di Angkor Wat (ancor uat) ho usato la pronuncia tipicamente cambogiana 😉

Older Posts »

Categorie